Archivio mensile Aprile 2020

DiNorme Italia

Sanitizzazione obbligatoria, autonoma o con ditta esterna?

Ai tutti i nostri clienti e followers, abbiamo voluto dedicare questa nota, nella speranza che finalmente si faccia chiarezza sul mistero della sanificazione.

Un’azienda, PUO’ sanificare i propri ambienti di lavoro in autonomia o DEVE avvalersi di una ditta esterna che certifichi tale sanitizzazione?

Negli anni la sicurezza sul lavoro ha sempre attribuito all’igiene sui posti di lavoro un ruolo rilevante per garantire ai lavoratori i requisiti di sicurezza per la loro salute.

Con l’attivazione delle nuove norme sul contenimento della diffusione del virus COVID-19, è stata introdotta una sezione specifica dedicata alla valutazione del rischi relativi a questa minaccia.

Tra le necessarie misure da adottare troviamo quella di attivare un protocollo di pulizia quotidiana dei locali e di sanificazione periodica degli ambienti di lavoro.

Tanti hanno scelto di affidare queste attività a professionisti dell’igienizzazione al fine di ricevere un servizio di qualità, oppure per coprire grandi superfici. Hanno così conseguito un opportuno certificato dell’attività svolta.

In realtà nel Protocollo sottoscritto su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute il 14/03/2020

meglio dettagliato nella circolare 5443 del febbraio 2020, in nessun caso troviamo traccia dell’obbligo di condurre tali attività all’esclusivo mezzo di ditta specializzata in igienizzazione.

Tanti hanno scelto di affidare queste attività a professionisti del settore al fine di ricevere un innegabile servizio di qualità, oppure per coprire grandi superfici, ma va chiarito che questa è solo una scelta libera dell’azienda.

In alcuni casi l’informazione sembrerebbe risultare distorta creando ansie e terrorismo psicologico, soprattutto a carico delle PMI che guardano con dubbiosa speranza al giorno della riapertura dei propri esercizi.

Già sono attesi al rientro probabili ribassi negli incassi, ed il pensiero di spese accessorie da sostenere per le misure anti COVID accrescono le ansie.

Nel rileggere il protocollo però è evidente che le istruzioni per rendersi conformi sono gestibili anche in modalità “light”, senza necessariamente coinvolgere le Imprese di pulizia.

A maggior sostegno di questa analisi riportiamo alcune righe tratte dal Protocollo:

“L’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si procede alla pulizia e sanificazione dei suddetti secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute nonché alla loro ventilazione.

L’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti (non infetti ndr), delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago.

Come si può desumere, le disposizione non vanno oltre l’indicazione temporale. E per quanto riguarda il riferimento alla circolare 5443 del febbraio 2020 si legge in particolare” .…..le evidenze disponibili hanno dimostrato che i suddetti virus sono efficacemente inattivati da adeguate procedure di sanificazione che includano l’utilizzo dei comuni disinfettanti di uso ospedaliero, quali ipoclorito di sodio (0.1% -0,5%), etanolo (62-71%) o perossido di idrogeno (0.5%), per un tempo di contatto adeguato.

In definitiva per riaprire completate l’allegato COVID per il vostro Documento di valutazione del rischio, con eventuale validazione e verifica da parte del vostro medico competente, ed applicate militarmente il protocollo delle attività mantenendo un opportuno registro delle attività di sanitizzazione. Se vorrete gestire tali attività in modalità autonoma o con l’ausilio di una ditta di pulizie, non ha importanza. L’importante è che venga attestato in ogni caso l’utilizzo di prodotti igienizzanti disinfettanti ad uso ospedaliero; se svolgete voi l’attività, conservate copia delle fatture di acquisto, quale ulteriore probatoria dell’attività svolta.

Dunque prepariamoci a riaprire i battenti ed a dimostrare di poter gestire in modo responsabile e civile la fase2.

I nostri reparti sono a vostra disposizione per tutto il supporto possibile.

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FASE 2 – COVID-19

Si ritiene opportuno premettere una serie di indicazioni e suggerimenti pratici sulla fornitura del catalogo di seguito allegato.

Nelle attività produttive e professionali, dove non è possibile distanziare le persone, si verifica la situazione di maggior rischio da gestire. In questo caso, il DPCM 11 marzo 2020 dispone che “laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, ci sia l’adozione di strumenti di protezione individuale”. La disposizione vale laddove già il documento di valutazione dei rischi non imponga analoghe o maggiori cautele.

L’intervento sull’organizzazione complessiva si conferma prioritaria rispetto alle misure individuali.

Nella fase di reperimento in commercio della dotazione necessaria di sicurezza (es. mascherine, occhiali, guanti, tute, camici, cuffie),va sempre ricordato che la via di diffusione del virus sono occhi, naso, bocca e mani, da proteggere assolutamente.

Restiamo a disposizione per ulteriore supporto.

FORNITURE – CLICCA QUI

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FAQ utili per le aziende al tempo del COVID 19

Pubblichiamo una raccolta di FAQ che forniscono diverse  risposte ai quesiti posti più di frequente dalle aziende in questo periodo di emergenza sanitaria da Coronavirus.

Le risposte si basano sulle indicazioni Ministeriali e Regionali fino ad oggi emanate e raggruppate per argomento per semplicità esplicativa.

RIENTRO IN SERVIZIO DI LAVORATORE ASSENTE PER CoViD ACCERTATA

In caso di malattia (CoViD -19) accertata con tampone, qual’ è la procedura per permettere il rientro in servizio del lavoratore?

Si tratta di soggetti ammalati che possono essere stati ricoverati o meno a seconda della gravità della sintomatologia. Per i casi ricoverati, una volta dimessi dall’ospedale restano in isolamento domiciliare obbligatorio. Anche i casi risultati positivi a tampone e che hanno sviluppato forme cliniche meno gravi, trattate a domicilio, sono posti in isolamento domiciliare obbligatorio. Durante l’isolamento domiciliare, tali pazienti sono sottoposti a monitoraggio da parte degli operatori ATS-DIPS e del MMG. La guarigione viene certificata quando, trascorsi 14 giorni in assenza di sintomatologia, il soggetto è sottoposto a due tamponi effettuati in successione a distanza di 24 h l’uno dall’altro, ed entrambi risultano negativi. Il certificato di “guarigione” viene consegnato al soggetto solo a seguito di riscontro di esiti negativi ai due tamponi. I lavoratori con certificato di guarigione possono riprendere l’attività lavorativa.

Se l’assenza per malattia ha superato i 60 giorni sarà sottoposto a visita medica da parte del Medico Competente.

RIENTRO IN SERVIZIO DI LAVORATORE ASSENTE PER CoViD SOSPETTA:

Il lavoratore assente per malattia respiratoria sospetta CoVid (es.: polmonite) diagnosticata clinicamente, (es.: radiografia o TAC) senza effettuazione del tampone quando può rientrare al Lavoro?

 In caso di malattia con sintomi riconducibili al Covid-19, per la quale non è stato effettuato nessuno accesso a strutture sanitarie, qual’ è la procedura per permettere il rientro del lavoratore?

Si deve far fare il tampone ai lavoratori che vogliono rientrare ed ai quali è stata diagnosticata una CoViD 19 solo sulla base della radiografia?

 Esistono molti lavoratori che sono stati assenti per disturbi suggestivi per CoViD 19 ma, in assenza di una diagnosi effettuata con test specifico, non è possibile escludere una infezione da SARS-CoV-2, pertanto è forte la preoccupazione per i datori di lavoro, circa la possibilità che tali lavoratori possano rappresentare fonte di contagio se riammessi al lavoro. È noto infatti che il paziente clinicamente guarito può risultare ancora positivo al test per la ricerca di SARS-CoV-2. Attualmente non ci sono prove sufficienti per stabilire la durata massima di trasmissione del Virus SARS-CoV-2 nei soggetti asintomatici. Questi lavoratori, in assenza di diagnosi di positività tramite tampone, non sono seguiti dall’ATS ma dal loro Medico curante che rilascia il certificato di malattia per l’INPS. È quindi il Curante a stabilire la guarigione su base clinica ovvero sulla base della risoluzione della sintomatologia clinica presentata.

Al momento non esistono indicazioni specifiche per l’effettuazione dei tamponi, al di fuori dei casi previsti.

In attesa che siano fornite indicazioni per l’effettuazione di test specifici per garantire la completa guarigione [risoluzione sia dei sintomi che della presenza del virus nei liquidi biologici], possono essere adottate le misure di prevenzione indicate nel DPCM dell’11 marzo 2020 unitamente alle misure di prevenzione e alle raccomandazioni del protocollo nazionale condiviso 11 del 14.03.2020. In particolare si raccomanda l’adozione di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza o di incentivare le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva.

Questa scelta è in ragione del fatto che comunque l’emissione del virus si riduce con il passare dei giorni dal termine della sintomatologia.

Prima del rientro al lavoro, dopo malattia riconducibile al Covid-19, va sempre informato il Medico Competente?

È opportuno informare il medico competente, se non è già al corrente, facendo in modo che il lavoratore possa mettersi in contatto con lui (ad esempio fornendo preventivamente a tutti i dipendenti un recapito o una casella di posta e-mail per le comunicazioni con il Medico Competente) per ricevere eventuali raccomandazioni sanitarie o per rilevare eventuali situazioni di ipersuscettibilità che possano richiedere particolare attenzione e tutela.

Per lavoratori che sono stati contatti stretti di casi accertati di CoViD 19 e superata la quarantena devono rientrare al lavoro (per es. settore alimenti), il Datore di Lavoro può chiedere esito di tamponi negativi o “certificati di buona salute” come “garanzia per la ditta e per i clienti”.

per i contatti stretti, superato il periodo di isolamento domiciliare fiduciario di 14 giorni, in assenza di sintomi è il Medico di Medicina Generale che pone termine all’isolamento. Non è previsto il rilascio di certificazioni né effettuazione di tamponi.

Sull’argomento il Protocollo nazionale condiviso del 14.03.2014 prevede che il datore di lavoro informa preventivamente il personale e chi intende fare ingresso in azienda, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS. Si ricorda inoltre che il lavoratore dovrà essere informato rispetto al fatto di non poter fare ingresso o di poter permanere in azienda e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano le condizioni di pericolo (sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc) in cui i provvedimenti dell’Autorità impongono di informare il medico di famiglia e l’Autorità sanitaria e di rimanere al proprio domicilio

Nell’intento di proteggere gli altri lavoratori, si può richiedere al lavoratore che è stato assente per malattia (non specificata quale) per pochi giorni, di esibire una certificazione medica che attesti che la causa dell’assenza non è da imputarsi a covid19?

Come è noto, in caso di malattia, il lavoratore deve avvisare tempestivamente il datore di lavoro attraverso i canali di comunicazione indicati dal datore di lavoro stesso. Il Medico curante trasmette il certificato di malattia per via telematica. Il certificato medico telematico è composto di due parti: una parte inviata all’INPS contiene la motivazione della richiesta e la diagnosi; la parte di certificato di malattia telematico per in datore di lavoro, invece, per la privacy del lavoratore non contiene la diagnosi ma solo l’indicazione dei giorni di malattia. È responsabilità del medico dunque stabilire i giorni di assenza in base alla patologia riscontrata.

Resta ferma la necessità di informare tutti i lavoratori, come previsto dal punto 1 del Protocollo nazionale condiviso di regolamentazione del 14.03.2020, in modo che siano informati dell’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sintomi influenzali informandone il proprio medico e l’autorità sanitaria e di non poter accedere in azienda e di <>

LAVORATORI in AZIENDA CON FEBBRE

Quando un lavoratore viene intercettato all’ingresso con febbre > a 37,5°C, cosa si deve fare in azienda?

Se un lavoratore accusa sintomi dopo essere entrato in azienda cosa si deve fare?

il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Potrebbe anche succedere che il lavoratore in assenza di rialzo di temperatura all’ingresso, inizi ad accusare sintomi durante il turno di lavoro.

In entrambe le situazioni, i lavoratori saranno momentaneamente forniti di mascherine e isolati ovvero sistemati in un luogo lontano dagli altri lavoratori. Se non si dispone di locali da adibire specificamente all’isolamento, potranno utilizzarsi aree delimitate, chiuse da porte e dotate di aerazione naturale dove il lavoratore potrà soggiornare il tempo necessario ad organizzare il trasporto in sicurezza al domicilio secondo la procedura che preventivamente è stata predisposta (per esempio in convenzione con associazioni di trasporto malati). Al domicilio il lavoratore contatterà telefonicamente il proprio medico curante e seguirà le sue indicazioni, senza recarsi al Pronto Soccorso.

Conviene ricordare che il protocollo nazionale condiviso del 14.03.2020, in relazione alla rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, ricorda che tale pratica costituisce un trattamento di dati personali e, pertanto, deve avvenire ai sensi della disciplina sulla privacy vigente.

A tal fine suggerisce di:

1) rilevare la temperatura e non registrare il dato acquisto. È possibile identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali;

2) fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali. Si ricorda che l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato è già in possesso e può essere fornita anche oralmente. Quanto ai contenuti dell’informativa, con riferimento alla finalità del trattamento potrà essere indicata la prevenzione dal contagio da COVID-19 e con riferimento alla base giuridica può essere indicata l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020 e con riferimento alla durata dell’eventuale conservazione dei dati si può far riferimento al termine dello stato d’emergenza;

3) definire le misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati. In particolare, sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro le istruzioni necessarie. A tal fine, si ricorda che i dati possono essere trattati esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da COVID-19 e non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo al COVID-19);

4) in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, assicurare modalità tali da garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore. Tali garanzie devono essere assicurate anche nel caso in cui il lavoratore comunichi all’ufficio responsabile del personale di aver avuto, al di fuori del contesto aziendale, contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 e nel caso di allontanamento del lavoratore che durante l’attività lavorativa sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi colleghi.

E’ possibile far uscire il lavoratore con pregresso tampone positivo dal proprio domicilio, fino alla struttura sanitaria preposta per esecuzione del doppio tampone per accertare la negatività, prima della chiusura dell’infortunio?

A chi devo rivolgermi per far effettuare il tampone ad un lavoratore che è stato assente per positività al COVID19 e vuole rientrare al lavoro?

Premesso che il soggetto, per essere sottoposto al tampone, deve essere asintomatico da 14 giorni, è l’ATS o la struttura sanitaria che ha monitorato il soggetto durante la fase di isolamento obbligatorio che procede a stabilire quando effettuare i tamponi, provvedendo ad inviare convocazione scritta al paziente. In caso di controllo stradale, sarà indispensabile esibire la convocazione ricevuta e il modulo di autodichiarazione ai sensi degli art. 46 e 47 DPR 445/2000 opportunamente precompilato specificando che lo spostamento è determinato da motivi di salute (ad esempio: convocato da ATS o Ospedale di……… per effettuazione Test).

 In azienda deve essere istituito un gruppo di lavoro per l’emergenza Covid19?

Il protocollo nazionale condiviso del 14.03.2020, prevede la costituzione in azienda di un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione anticontagio Covid-19 con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS. E’ opportuno che sia composto quantomeno dal datore di Lavoro (o suo delegato), dal RSPP (o ASPP) e dal Medico Competente. È opportuno che la sua costituzione ed il suo programma operativo siano formalizzati in un documento portato a conoscenza di tutti i lavoratori.

Quali accorgimenti preventivi deve attuare l’azienda per l’utilizzo degli spogliatoi e della mensa?

 L’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato per evitare situazioni di assembramento. È necessario garantire una ventilazione continua dei locali, prevedendo una riduzione dei tempi di sosta all’interno di tali spazi garantendo il mantenimento della distanza di sicurezza di almeno 1 metro tra le persone durante il loro utilizzo.

Occorre provvedere alla organizzazione degli spazi e alla sanificazione degli spogliatoi per lasciare nella disponibilità dei lavoratori luoghi/contenitori/arredi/mobili per il deposito degli indumenti da lavoro e garantire loro idonee condizioni igieniche sanitarie.

Occorre garantire la sanificazione periodica e la pulizia giornaliera, con appositi detergenti dei locali mensa, delle tastiere dei distributori di bevande e snack. Come già diffusamente praticato in molte aziende, è opportuno registrare le operazioni di pulizia giornaliera e sanificazione, riportando data, orario e firma dell’operatore, su un’apposita scheda esposta alla visibilità dei frequentatori del luogo stesso.

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE – MASCHERINE

 Se l’azienda non reperisce sul mercato mascherine marcate CE, può utilizzare mascherine non marcate per proteggere i lavoratori impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di 1 metro?

Data la situazione di emergenza, in caso di difficoltà di approvvigionamento e al solo scopo di evitare la diffusione del virus, potranno essere utilizzate mascherine la cui tipologia corrisponda alle indicazioni d’uso. A tal proposito il Decreto Legge 17 marzo 2020 , n. 18 all’articolo 16 (Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività) stabilisce che, “per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’articolo 34, comma3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.”

Lo stesso articolo prevede anche che “fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, gli individui presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio.”

ACCESSO IN AZIENDA DI PERSONALE ESTERNO

Cosa bisogna fare per i fornitori esterni che entrano in azienda?

Cosa bisogna fare per gli autisti che vengono a scaricare/caricare la merce? mezzi/attrezzature?

Le indicazioni sono fornite dal protocollo nazionale condiviso del 14.03.2020 e dal protocollo condiviso/ linee guida relative al SETTORE DEL TRASPORTO E DELLA LOGISTICA emanate dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti:

    Per l’accesso di fornitori esterni individuare procedure di ingresso, transito e uscita, mediante modalità, percorsi e tempistiche predefinite, al fine di ridurre le occasioni di contatto con il personale in forza nei reparti/uffici coinvolti.

    Se possibile, gli autisti dei mezzi di trasporto devono rimanere a bordo dei propri mezzi: non è consentito l’accesso agli uffici per nessun motivo. Per le necessarie attività di approntamento delle attività di carico e scarico, il trasportatore dovrà attenersi alla rigorosa distanza di (almeno) un metro.

    Per fornitori/trasportatori e/o altro personale esterno individuare/installare servizi igienici dedicati, prevedere il divieto di utilizzo di quelli del personale dipendente e garantire una adeguata pulizia giornaliera.

    Va ridotto, per quanto possibile, l’accesso ai visitatori; qualora fosse necessario l’ingresso di visitatori esterni (impresa di pulizie, manutenzione…), gli stessi dovranno sottostare a tutte le regole aziendali….

    Ove presente un servizio di trasporto organizzato dall’azienda va garantita e rispettata la sicurezza dei lavoratori lungo ogni spostamento.

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CONFLITTI INTERNI LEGATI ALL’INTRODUZIONE MASSIVA E REPENTINA DELLO SMART WORKING.

Una modalità organizzativa che, accanto ai molti vantaggi, porta con sé anche alcuni rischi: in una situazione in cui molti si sentono tesi, preoccupati e insicuri, lo smart working rischia di far deflagrare i conflitti interni. Gli scambi via mail, rispetto a quelli verbali, generano più di frequente fraintendimenti: se in azienda un piccolo scontro intercorso “a distanza” può essere chiarito verbalmente facendo due parole con il collega dell’ufficio vicino o magari con un incontro alla macchinetta del caffè, ora le modalità sono cambiate. La distanza può acuire i conflitti: anche in questo caso va curata la comunicazione interna.

Vanno poi considerati,anche tutti i conflitti legati alla diversa gestione dei tempi e degli spazi famiglia-lavoro: la mancata differenziazione dei tempi, le difficoltà legate al fatto che magari non si dispone in casa di uno spazio idoneo e si è costretti a condividere la postazione di lavoro con i familiari…Tutti elementi di possibile tensione che anche l’hr deve avere bene in mente…».

 Una chat aziendale per scambiare idee su come investire il tempo libero a casa,un video contest, una newsletter interna dedicata, l’attivazione di videoconferenze cadenzate con i singoli uffici: tante possono essere le soluzioni per favorire il clima aziendale, contribuire a spezzare l’isolamento e far sentire i lavoratori ancora parte di una squadra.In una situazione di questo tipo l’attivazione di un percorso dedicato per la gestione dei conflitti può inoltre rivelarsi molto utile… 

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